La pestilenza del 1630-31
pubblicato il: 01/01/2009
da: Il giornale di palazzolo s/o
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La pestilenza del 1630-1631 ed i suoi riflessi sulla nostra comunità

Nei giorni in cui si parla di vaccinazioni contro l’influenza H1N1 e di pandemia,va ricordato che nel secolo XX° tre sono state le pandemie influenzali: nel 1918 la “spagnola”, nel 1957 “l’asiatica” e nel 1968 quella di Hong Kong.

Riprendo il discorso, iniziato con un mio studio del 1964, per aggiornarlo con nuovi dati acquisiti in questi anni.

 

Il medico bresciano M.Antonio Ducco, nella sua Relazione,scriveva che i dati sulla situazione igienico-sanitaria a Palazzolo li aveva raccolti “dalle diligenti investigazioni e principalmente dal medico condotto e dal temporaneo rev.arciprete di quella terra.”

Medico che aveva diagnosticato fin dal 13 febbraio 1630, all’apparire delle prime manifestazioni, l’esistenza di un focolaio pestilenziale. Nonostante ciò, l’autorità veneta “forma un processo rigoroso contro la Comunità et medico”.

E’ ormai accertato che i medici a Palazzolo erano Pietro Pio ed il fratello Francesco. L’arciprete era don Ventura Acchiappati di Pisogne, in carica dal 1607 al 1651.A Mura il rettore era don Gio.Paolo Urgnani e in paese altri preti erano: don Antonio Urgnani, don Gio Paolo Galignani.

Il podestà per l’anno 1629-30 era Lelio Maggi, seguito da Antonio Lupatini, con luogotenente Annibale Zamara.

Informazioni di prima mano si desumono da alcune polizze d’estimo dell’anno 1632.

Gabriele Foresti, cives di Brescia e Bergamo,farmacista di 82 anni dichiara il 30 giugno 1632 di possedere una casa con bottega ad uso di spezieria posta nella terra di Palazzolo, in contrada della Piazza Grande, dove abita; di avere delle robe di bottega di spezieria e mobili valutabili in circa 800 lire planete; crediti relativi a questa attività per la stessa somma di lire 800 che difficilmente potrà ricuperare “essendo la maggior parte dei creditori morti”.

C’erano famiglie che non erano più in grado di far fronte ai debiti contratti col farmacista durante l’epidemia. Dall' analisi della dichiarazione emergono altri dettagli importanti: Gabriele è figlio del fu Gio Giacomo, è vedovo, ha in casa due figlie: Olinda di 40 anni e Ottavia di 30 e un maschio Gio Paolo, prete, di 48 anni. Ottavia Foresti si era maritata nel 1626 con Domenico Fogaroli, rimasta vedova negli anni della peste , si era risposata nella seconda metà del 1632 con Giuseppe Mazzocchi di Coccaglio.

I fratelli Camillo (d’anni 14 ) e Ferrante (d’anni 13) orfani del padre Filippo, morto di peste, dichiarano il 28 giugno 1632 che sono in famiglia colla madre Paola Marenzi di 37 anni, e altri cinque fratelli, l’ultimo dei quali ha 10 mesi.Hanno una casa, confinante colla seriola di Chiari (Vetra), ma sono stati costretti a lasciarla “ per la grande umidità e acqua che penetra nei muri delle stanze al piano terra e nelle camere”. Sono perciò andati ad abitare a nord della contrada dei Molini nella loro cascina del Pratolongone. Fra i debiti annotano che “devono dar alli speziali in Palazzolo per diversi medicinali consumati nelli anni passati, circa scudi 60” .

Pietro Scaramussetti, di professione spinazzino, il 20 aprile 1632 scrive nella sua polizza, che vanta crediti nelle terre di Adro e Capriolo “per circa 12 scudi da diverse persone le quali sono morte et dubito di non poterli riscuotere et questi sono per causa de lino dattali da filare”.

Anche Gio.Angelo Scaramussetti è morto di peste. Dalla polizza presentata dal figlio Nicolò di anni 24, risulta che ha a carico la madre Caterina di 40 anni, la zia Marta di 50 e quattro fratelli minori di 17,12,6 e 3 anni.

Non è stato possibile ottenere dati sul numero dei deceduti di peste:le registrazioni dei registri parrocchiali sono incomplete o illeggibili.

Per i matrimoni abbiamo questi numeri:1628 unioni 15, 1629 n.5, 1630 n.13, 1631 n.58, 1632 n.47,con una media annua di circa 27 matrimoni.

I nati sono stati nel 1628 n.104, nel 1629 n.78, nel 1930 n.18, nel 1631 n.63, nel 1632 n.90, con una media di circa 70 battesimi all’anno.

Va ricordato,infine, che Palazzolo rimase isolata dal resto del territorio dal 23 marzo 1630 al 3 febbraio 1631:”fu in lunedì e il martedì fora festa solenne et cantata messa in pontifical per ringraziare Iddio e santo Rocco”.

 

Il Giornale di Palazzolo, 1.11.2003

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