La prima incursione aerea
pubblicato il: 26/07/2014
da: Qui palazzolo
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La prima incursione aerea

 

Domenica 23 luglio 1944 era una giornata molto calda.

Io e mio fratello siamo ancora a letto. La mamma, spalanca le imposte e fa entrare la luce, ci costringe ad alzarci. Ci rimprovera perché sono già passate le sette. In quel momento transitava il treno per Bergamo delle 7,05, e il suo sbuffare affannoso si udiva dalla nostra camera.

Non fa in tempo a pronunciare poche parole che si ode una prima detonazione, seguita da una seconda e dal crepitio della mitraglia. Noi, scendiamo rapidamente dal letto, usciamo in strada, ci rifugiamo nel vicino campo di granoturco e vediamo gli aeroplani che, in un indiavolato carosello, scendono in picchiata, scaricano le bombe, mitragliano, risalgono, compiono un largo giro e ricominciano. Non abbiamo paura. Ci sentiamo difesi dagli steli del granoturco.

Sono passati settant’anni dal giorno in cui il ponte ferroviario é fatto segno dalle bombe alleate. Ricordo che il sabato precedente, dopo un nuovo allarme aereo, parecchi velivoli veloci decollati da Orio al Serio  avevano compiuto larghi giri ad alta quota seguendo la linea Bergamo-Palazzolo-Brescia.  Nessuno immaginava che quella sarebbe stata l’ultima ispezione prima del bombardamento al viadotto.

Il convoglio aveva appena superato il ponte e si stava avviando verso la stazione di Grumello. Una squadriglia di sei veloci caccia-bombardieri scende in picchiata sullo sferragliante convoglio, scaricando le bombe sull’estremità ovest del ponte e sparando raffiche di mitraglia sulle carrozze di coda. Alla prima fa seguito una seconda, che colpisce il  treno, ormai fermo presso il ponte di Quintano. I passeggeri del convoglio per la maggior parte civili e non militari, come forse avevano ipotizzato gli assalitori, subirono gravi perdite. Ai primi soccorritori, che raggiunsero  il convoglio,  dopo che gli aerei si  furono allontanati, apparvero scene strazianti: più di trenta persone erano state colpite: cinque uomini e due donne erano già morti, mentre 28 persone gravemente ferite, sono trasportate all’Ospedale Civile dove altri decessi si  verificarono nei giorni successivi.

Mio padre era  in chiesa. La messa delle sette era già cominciata quando si udirono risuonare sotto le navate della parrocchiale dei boati. Egli pensò ad un improvviso temporale ristoratore ma, visto che continuavano,  prese a parlottare coi vicini di banco, Poi uscì per rendersi conto di cosa stesse succedendo e, appena giunto sulla passerella, vide subito il fumo degli scoppi sul ponte e si rese conto che era un’incursione aerea.

La notizia si sparse in un baleno e la chiesa si andò vuotando velocemente. Le persone , uscite dal tempio, fuggivano senza sapere dove andare, preoccupate soltanto di rasentare i muri per non esporsi alla vista di quei pericolosi volatili.

Il sig. Giovanni Rossi, mentre era nel suo orto in Via Brescia ed osservava sbigottito ed incredulo la sarabanda aerea, é colpito al torace da una pallottola e perde la vita, la signora Margherita Pasqua muore per sincope cardiaca, causata dallo spavento.

Tanta gente, superata la paura, si recò a piedi, in bicicletta e persino in automobile sul luogo del disastro. Io ero all’inizio del Viale del Cimitero e seguivo coloro che ritornavano: erano molto impressionati per quello che avevano visto, e si domandavano il perché di tutto ciò.  Conclusione ovvia: era la guerra, che fino a quel momento era raccontata ma ora appariva nella sua cruda realtà di morte e di dolore.

La domenica ci doveva riservare altre ore di paura:  nel pomeriggio ci fu un bombardamento al ponte di calcio sulla linea Venezia-Milano.

Tutti i giornali diedero risalto all’accaduto e la Domenica del Corriere del 6 agosto dedicò all’avvenimento una delle due pagine di copertina a colori.