Alpini ed artiglieri sdi palazzolo
pubblicato il: 01/09/2010
da: Alpini di palazzolo
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Alpini e Artiglieri, presentazione

La saletta dell’Oratorio S.Sebastiano, dove si tenevano le adunanze dei gruppi giovanili di Azione Cattolica, aveva le pareti dipinte di color “cardinale”. Vi campeggiavano, oltre al Crocefisso, i ritratti del Papa e del Vescovo. In alto, sopra questi ritratti, una scritta fra virgolette “Dulce et decorum est pro Patria mori”.

Questa frase mi martella nella mente da quando Luciano Demasi mi ha mostrato le bozze della raccolta dei fogli matricolari degli Alpini e Artiglieri Alpini palazzolesi.

Un'altra sala esisteva nel fabbricato centrale di S.Sebastiano: la sala giochi che don Piccinelli aveva fatto decorare dai Rubagotti di Coccaglio. Lungo le pareti e sulle due colonne centrali si arrampicavano virgulti d’edera che andavano a congiungersi sul soffitto. Al centro della parete nord era stato dipinto un cartiglio destinato a contenere i nomi dei giovani dell’Oratorio caduti in guerra.

Il primo ad esservi annotato fu Bernardo Cossandi caduto il 25 gennaio 1941 sul fronte greco-albanese. Egli aveva tenuto una filiale corrispondenza col direttore don Battista Barbieri, ma dal fronte non era arrivata una riga. Appena giunto in terra straniera, in un contrattacco era ”caduto sul campo della gloria “. Aveva introitato quella frase scritta nella sala delle adunanze, aveva imparato a servire la Patria senza vane chiacchiere. Così scriveva don Battista ricordandolo agli oratoriani nella messa di suffragio del 21 marzo 1941, primo giorno di primavera.

Altri nomi seguirono sul cartiglio: inesorabile, la guerra falciava altri giovani dell’Oratorio.

Nell’elenco degli oltre 270 fogli matricolari, distinsi per classe di nascita, figura un semplice documento relativo a mio padre Michele, classe 1907, arruolato nel 1926, chiamato alle armi nel gennaio 1943, perché fino all’ora esentato perché figlio unico di padre invalido. Assegnato all’artiglieria alpina a Merano, poi avvicinato alla famiglia, era di stanza a Curno, sfuggiva alla cattura dei Tedeschi mentre il 9 settembre si trovava nel cortile della scuola elementare di Nembro.

Anche nella nostra famiglia era entrato il cappello da alpino, noi bambini ce lo disputavamo, davanti alla polenta scodellata dalla mamma, nelle brevi visite di papà, che arrivava col treno da Bergamo.

Nella serie di questi documenti, che potrebbero sembrare semplici annotazioni burocratiche, sono condensati tratti di vita di una gioventù che, dal 1939 al 1945, ha vagato da un fronte all’altro. Sono anni che hanno lasciato un segno, come testimoniano le pagine di diari, lettere racconti dei protagonisti, qui raccolte. Hanno insegnato ai sopravvissuti un modo nuovo di intendere la vita. L’apprezzamento della fraternità cementata fra commilitoni nei rischi e nelle paure quotidiane.

Emergono, dalle lettere e dagli appunti conservati gelosamente dalle famiglie, la nostagia di una vita di paese, la gioia di un incontro con un palazzolese, o un bresciano sui monti, le spiagge, i deserti, le distese gelate in posti lontani anche venti giornate di tradotta.

Alpini che, dopo l’8 settembre, scappano in montagna diventando “partigiani combattenti”.

Un vivo grazie a Luciano Demasi, Mario Marella, Emma Ruggieri per queste pagine, che ci aiutano a capire le storie degli Alpini , descrivendo gli uomini, le donne e le famiglie che l’hanno fatta. E’ come si usano i grandi eventi del passato per misurare il carattere degli uomini.

 

Alpini di Palazzolo, 1 settembre 2010