Ritrovato 200 anni fa il pilo miliare romano
pubblicato il: 17/12/1966
da: La voce di palazzolo

Ritrovato 200 anni fa il pilo miliare romano

Nell’angolo sud del cortile del Palazzo Comunale è collocato l’unico, almeno finora, resto della romanità della nostra terra; si tratta di una colonna miliare romana alta cm. 120, con un diametro di cm. 50 che fino al 1912 era infissa sotto il portico del vecchio Palazzo Comunale, di fianco cioè alla porta principale della Pieve.

Tutti gli autori che hanno parlato di detta colonna romana, che è del secolo IV d. C., non hanno mai accennato al luogo e al tempo del suo ritrovamento, anzi hanno sempre sostenuto che questo cippo, unitamente all’altro ormai introvabile, doveva trovarsi a Palazzolo soltanto a seguito di un trasporto avvenuto in epoca imprecisata da qualche località vicina.

Recentemente il Lorenzoni scrisse che gli autori che sostenevano che l’antica strada romana attraversava l’Oglio sopra un ponte al Cividino, per la loro tesi affermavano anche che questi miliari sarebbero stati trasportati a Palazzolo da altre località circonvicine. È difficile dire quale è stato il posto esatto dove questi miliari sono rimasti forse per secoli.

Qualche lume ci è fornito da una breve ma interessante notizia che ho trovato nelle “Memorie mie”, del nostro Vincenzo Rosa.

Il noto storico locale, fra i suoi ricordi personali, scrive: “Nella Quaresima di quell’anno 1766 essendo a fare il suo Quaresimale nella nostra parrocchia un frate molto popolare, soprannominato il padre Paroda, questi esortò a riparare alquanto il Cimitero dei morti, che era un muricciolo tutto cadente, perché soprappieno di materiali ed ossami estratti dalle sepolture. I Sindaci del Comune, fra i quali mio Padre, diedero da curare una tale incombenza all'intraprendente Giovan Battista Bonari.

Quel Cimitero era là dove trovasi pure al presente, ma tutto scoperto e pieno di rovi. Fu atterrato tutto il muricciolo, e trasportato tutto il materiale di ossami e terrazzo a riempire la nuova strada intorno alla nuova parrocchiale dalla parte di tramontana. Nel Cimitero dopo levato tutto il materiale confuso, si trovarono molti sepolcreti di muro, per una sola persona ognuno; l’uno contiguo all’altro ed in due o tre strati l’uno sopra l’altro. Ma non si trovò mai nessuna iscrizione su quelle lastre di pietra ond’erano coperti, né verun’altra memoria. Solamente vi erano gli scheletri molto ben situati: e ciò non solo nel sito che si scavò ma per tutto il resto del passo tra le case, il cimiterino, la sacrestia della parrocchiale antica, e la così detta Disciplina.

Io lavorai molto a questi dissotterramenti, e con grande assiduità, per osservare gli scheletri, e se trovavo delle anticaglie. Ma non si trovò che un pezzo di colonna parte della quale pur emergeva portando una croce di ferro, e sulla quale colonna era intagliata una iscrizione di Costantino, che ho poi riferita nelle mie Memorie Patrie”.

Da quanto affermato dal Rosa appare chiaro che solo duecento anni fa i palazzolesi rinvennero la colonna romana ora in Municipio.È altrettanto certo che questa era stata usata, secondo me, per secoli per indicare con la sua croce il camposanto, luogo consacrato e benedetto per le sepolture comuni.

Il fatto che una colonna romana sia stata usata come sostegno della croce cristiana ha un suo profondo significato che non può sfuggirci. È un indice della volontà dei cristiani di trasformare quei segni della potenza pagana di Roma in segni del trionfo della nuova religione. Quello che è avvenuto, per la nostra colonna miliare non è un fatto comune e a se stante perché molti altri miliari della nostra strada romana sono finiti nelle mura delle chiese, dei monasteri ed utilizzati anche come acquasantiere.

Esaminando da vicino il marmo si nota che oltre alle due rotture prodotte involontariamente, la terza delle dieci righe di lettere incise sopra di esso, è stata volutamente scalpellata e se ne vedono chiaramente i segni in un ribasso del marmo per tutta la lunghezza dello scritto. Perché questa scritta, che secondo il Labus doveva ricordare Flavio Giulio Costanzo, figlio del grande Costantino, sia stata abrasa non è possibile spiegarlo. Osservando ancora di vicino il cippo si può accertare che le prime quattro righe superiori che coprono circa la metà della sua altezza, hanno una profondità di incisione molto minore delle restanti sei inferiori. Ciò conferma che la colonna è rimasta per molto tempo interrata per più della metà e quella parte si è meglio conservata essendo stata sottratta agli agenti atmosferici.

Anche se rimane tuttora aperto l’appassionante problema del luogo dove questo resto di romanità sia stato primitivamente collocato, tuttavia ora sappiamo con certezza che per molto tempo, sicuramente per secoli, fu usato come la colonna che segnava l’ingresso all’antico camposanto.

La Voce di Palazzolo, 17 dicembre 1966