Note storiche di palazzolo: l'oglio come si presenta oggi (1°p.)
pubblicato il: 01/02/1984
da: La semente
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Sommario della storia di Palazzolo

Pubblicato su “La Semente”

dal 1.2.1984 al 1.12.1986

 

 

Indice

 

1-L'Oglio come si presenta oggi

2-Quando l'Oglio non c'era

3-I Liguri danno un nome al fiume

4-Insubri e Cenomani si attestano sulle  sponde opposte

5-Cenomani ed Etruschi hanno lasciato tracce sul nostro territorio

6-Ipotesi sulle origini di Palazzolo

7-La presenza romana

8-L'ingresso dei Romani nel Bresciano

9-Organizzazione del territorio

10-La viabilità

11-La centuriazione

12-Ritrovamenti archeologici

13-Si diffonde il Cristianesimo

14-La Pieve di Palazzolo

15-I Barbari

16-I Longobardi

17-Primo documento in cui si parla di Palazzolo

18-Le due corti regie

19-Palazzolo borgo fortificato

20-Il mercato di Palazzolo

21-L'ospedale-ospizio per i pellegrini

22-L'Oglio al centro di secoli di controversie

23-Primi palazzolesi passati alla storia

24-Una lega contro l'imperatore di Germania

25-Palazzolo saccheggiata

26-Nasce il Comune di Palazzolo

27-La Vicinia

28-Gli Satuti comunali

29-Le tre Quadre

30-Il Podestà

31-La Quadra podestarile

32-Il Palazzo comunale

33-Cittadini e contadini

34-La proprietà delle terre

35-Che cosa produceva la terra

1-L'Oglio come si presenta oggi

 

Dal ponte della ferrovia volgendo lo sguardo prima verso monte e poi verso valle, si ha chiara l'idea dell'ampiezza della valle entro la quale scorre il nostro fiume.

Spingendo lo sguardo da San Pantaleone, sopra Grumello, verso la pianura, quasi non si scorge questa fenditura, che l'acqua ha creato nel corso dei millenni, scavando il proprio letto e inalveandosi sempre di più, creando "rami" e zone soggette alle alluvioni nelle piene stagionali.

Si può seguire l'andamento del corso del fiume da Calepio fino a Pontoglio, utilizzando i grandi fogli della più completa mappa che si conosca, disegnata nella metà del 1700, ed in particolare il tratto che va dal ponte della ferrovia a quello della nuova deviante sud, e pubblicata sull'Atlante dell'Oglio o leggendo la "descrizione del 1492" e ripercorrendo il cammino a ritroso nel tempo.

 

 

2-Quando l’Oglio non c’era

Ci fu un lontanissimo tempo in cui l'Oglio non scorreva sinuoso lungo la Pianura Padana, perché questa non esisteva, occupata com'era da altre acque, che formavano un'immenso golfo, vasto come tutta la pianura, delimitato a nord dalle Alpi e a sud dagli Appennini. Poi vennero i ghiacciai a coprire la pianura e a trasportare detriti di sassi e pietre sul fondo delle valli e in pianura e, quando si ritirarono in seguito al riscaldamento della nostra terra, lasciarono colline moreniche, che fecero da barriera ai corsi d'acqua dando origine ai nostri laghi.

Il ghiacciaio camuno, al dire dello Stoppani, raggiunse l'altezza di 700 metri  sopra l'attuale livello del Lago d'Iseo e nel suo massimo sviluppo si estese fino alle falde settentrionali del monte Orfano, così a poco più di un miglio da Palazzolo.

Il golfo padano venne colmato da depositi di sassi, ghiaia, sabbia, depositi che raggiunsero l'altezza di circa 200 metri e che si appoggiarono sui sedimenti dell'epoca terziaria.

Il territorio di Palazzolo sorge appunto su terreno alluvionale e nella perforazione dei pozzi per l'acqua potabile, anche a centinaia di metri di profondità, si sono trovati sassi arrotondati, lisciati dalle acque, levigati dai venti, provenienti cioè dalle rocce più disparate e qui accumulatesi nell'epoca quaternaria.

Ritirandosi, il ghiaccio lasciò depositi di terreno che oggi sono le colline di Colombaro, Torbiato, Adro e di Grumello e Tagliuno.

Salendo sopra il Gandosso o il Colle di Torbiato si può immaginare l'ampiezza di questo grande lago chiamato poi Sebino, che ricevendo altre acque cresceva e straripava e queste acque cercavano una loro strada verso la pianura formando il letto dei futuri fiumi.

Con ulteriore sforzo di immaginazione proviamo a cancellare il paesaggio che abbiamo davanti, in cui il fiume la fa da padrone, per rifarci a circa 1O.OOO anni fa allorché il lago d'Iseo, a un livello di 18 metri più alto dell'attuale, si stendeva entro le colline moreniche, che abbiamo descritto, e le cui acque si scaricavano da Torbiato verso il Mella, su un percorso diverso dall'attuale.

La valle dell'Oglio non esisteva, c'erano però dei torrenti, che scendevano dalle vallette laterali di Adrara e di Grumello, cercavano di crearsi un alveo verso la pianura.

A Sarnico c'era una collina morenica pari in altezza a quelle dell'anfiteatro della Franciacorta: quella collina erosa alle spalle dalle acque del torrente "Guerna", che scendeva dalla valle di Adrara, prese a sfaldarsi fino a quando cadde l'ultimo diaframma e le acque del Sebino si precipitarono verso la pianura e si incanalarono in un alveo allora esistente, allargandolo, dilagando, sommergendo le nostre terre e modificando il paesaggio e il suolo su cui sono sorti poi i nostri centri abitati.

Il fiume, trovata la sua strada, si è andato restringendo lasciando i segni del suo passaggio nei vari terrazzamenti del suolo che dalla Costa (m. 177 sul mare) scende alla linea della seriola Vedra (m.153) alla Piazza (m. 150) e risale poi a Mura e a Cimariva (m. 182) e incassandosi a circa 35 metri di profondità rispetto alla pianura circostante.

Basta chinarsi dal parapetto del ponte della ferrovia per convincersi di quanto si è distanti dal pelo dell'acqua!

 

 

3-I Liguri danno un nome al fiume

Mentre il fiume continua per la sua strada, i primi abitatori della Padania Antica, arrivati qui verso la fine dell'età della pietra e l'inizio di quella del bronzo (terzo millennio prima di Cristo), utilizzano le acque dell’Oglio come fossero una "strada" e la percorrono in su e in giù, con piroghe scavate nei tronchi d'albero, trasportando quanto serve alla vita dei villaggi, che essi hanno costruito con pali, frasche e fango: le palafitte.

Queste genti hanno lasciato ampi segni della loro presenza: ceramica nera, selci, punte di lancia, trovati alle "lame" di Provaglio, a Timoline, dove è affiorato il resto di una palafitta, a Colombaro, al laghetto Sala sulla strada per Iseo, a Bornato, a Coccaglio e Cologne, a Sarnico, ad Urago e lungo il fiume Oglio; forse anche a Palazzolo in sponda sinistra dove oggi è la parte più alta della Piazza.

Il fiume è la loro "strada": poiché tutt'intorno ci sono boschi, paludi, animali anche feroci, essi la percorrono in continuazione ed è loro familiare, ci vivono insieme: si bagnano nelle sue acque limpidissime, si cibano coi pesci, di cui è ricco, ne studiano i comportamenti per sfuggire alle insidie dei vortici, dei "curnù", delle sabbie, che formano isolotti nel suo letto.

Questi popoli, composti di tribù di genti "Liguri", hanno dato il nome a queste acque scorrenti: le hanno chiamate "Oi", perché questo era il termine usato per denominare tutte le acque dei fiumi che essi conoscevano.

Anche noi in dialetto continuiamo a chiamarlo così, da sempre.

Quando fu necessario scrivere il nome del fiume, molto più tardi, questo Oi diventò per i latini Olius e per noi Oglio.

 

 

4-Insubri e Cenomani

si attestano su sponde opposte

Il nostro fiume, le cui sponde ora sono collegate mediante numerosi ponti, costituiva allora un ostacolo naturale all'intrecciarsi dei rapporti fra le popolazioni, che stavano sulle sponde opposte.

Le vicende stagionali dell'Oglio influenzano i comportamenti degli uomini che, avendone appreso i tempi e i modi, approfittano delle magre delle acque per cercare i punti più adatti al guado o dove organizzare un porto, inteso come attracco di una barca-traghetto.

L'Oglio fa anche da barriera di difesa e da confine per i popoli di razza celtica, che circa 500 anni prima di Cristo scendono dal centro dell'Europa, valicano le Alpi e si affacciano sulla Pianura Padana.

Essi sono divisi in varie tribù: quella degli Insubri non trova resistenza fra i Liguri, si scontra con gli Etruschi sul Ticino, li vince e si stanzia verso occidente fondando Milano.

Una seconda, quella dei Cenomani, si stabilisce fra l'Oglio e il Mincio e fissa come capitale Brescia.

Altre ancora, scendendo lungo la penisola, vinti i Romani al fiume Allia nel 387 a.C.,  invadono e saccheggiano Roma. I Romani chiamano "Galli" questi popoli nordici i quali, dopo aver ottenuto un forte pagamento in oro, lasciano la città e si ritirano verso nord. Questo avvenimento evoca ricordi scolastici collegati all'episodio delle "oche del Campidoglio". .

I Cenomani a est dell'Oglio e gli Insubri ad ovest sono il primo esempio di ciò che accadrà per tanti e tanti secoli, fino all'epoca napoleonica, quando l'Oglio e Palazzolo stessa saranno divisi fra due Stati confinanti.

Il nostro destino di terra di "frontiera" fra due entità territoriali quasi sempre divise e qualche volta ostili, è all'origine delle diversità, delle incomprensioni e diffidenze che, anche nel recente passato, hanno spinto la realtà bergamasca e quella bresciana su posizioni diverse, che invece, vinta la barriera naturale dell'Oglio, dovrebbero convivere e integrarsi con reciproco vantaggio, ora che questo nostro fiume si supera agevolmente.

 

 

5-Cenomani ed Etruschi hanno lasciato tracce sul nostro territorio

Coi Cenomani termina la preistoria ed inizia la storia scritta del nostro territorio: infatti gli scrittori latini e greci parlano di Brescia, quale città più importante del territorio da essi occupato.

I Cenomani, pur conservando abitudini guerriere, a poco a poco ingentiliscono i loro usi e costumi; si dedicano all'agricoltura, prosciugano paludi, diradano i boschi di querce, seminano grano e miglio, allevano il bestiame: maiali e soprattutto cavalli; usano carri a due (bèna) e quattro ruote, bevono vino prodotto dai loro vigneti, curano le api per cavarne miele, unico dolcificante dell'antichità.

Il nostro territorio, allora coperto di boschi e con vaste aree paludose, in pochi secoli di lavoro dei suoi abitanti Liguri e Galli si trasforma perciò in regione fertile e ricca.

I Cenomani vivono in villaggi sparsi, fatti di capanne, non esiste quindi nessuna traccia di costruzioni galliche; adorano un gran numero di divinità; parlano una lingua dura dove sono frequenti i suoni in u e o conservati nel nostro dialetto. Pare siano di origine celtica i nomi delle località con suffisso in "duno" (Chiuduno), in "ate" (Seriate) e in "ago" (Urago).

Secondo alcuni studiosi sono di origine celtica i nomi nostri di Bornico "burnec", corrispondente a "sorgente" ancora esistente a San Pancrazio proprio dove scorre la Miola, il cui nome sarebbe gallico "mooi" (acqua bassa). Inoltre Vernazo, podere a Palazzolo, da "verna" significante pianta di ontano; e "tegia" nel significato di capanna, tettoia, da cui Teze.

Importanti ritrovamenti archeologici sono quelli di Timoline, Coccaglio, Cologne. C'è chi ha ipotizzato un sistema difensivo gallico sulla linea dell'Oglio con opere importanti sullo sperone del monte Orfano e strade di accesso all'Oglio, utilizzate in seguito dai Romani.

Essi ebbero contatti con gli Etruschi che, anche prima del loro arrivo nella Padania, avevano intessuto rapporti commerciali coi popoli liguri. Si viene quindi operando una graduale fusione con le popolazioni preesistenti, che portano alla gente gallica indubbi elementi di lingua, cultura e civiltà.

Sono infatti gli Etruschi che, oltre ad insegnare a costruire case in muratura, a fondere i metalli, a regolare i canali d'irrigazione, diffondono l'alfabeto e la scrittura utilizzate nel V secolo prima di Cristo su vasi e pietre.Proprio per rendere più facili gli scambi commerciali con le genti a nord del Po e oltre le Alpi, gli Etruschi utilizzano quella rete stradale pedemontana che poi i Romani faranno oggetto di particolari cure per i collegamenti rapidi fra Milano ed Aquileia e che passa proprio sul nostro territorio comunale.

Nel terzo secolo a.C. inizia lo scontro con Roma e i Cenomani sono l’unico popolo di origine celtica che si allea coi Romani e che ne trae vantaggi estendendo fino all'Adda e all'Adige la propria dominazione.

All'arrivo di Annibale in Italia anche i Cenomani si ribellano a Roma e nel 196 a.C. il console C.Cetego sconfigge sul Mincio Cenomani e Insubri poi Roma stringe con essi un trattato di alleanza.

L'amministrazione romana, impostata sui "pagi" e "vici", rispetterà il preesistente ordinamento cenomane. Così come lascerà alle popolazioni locali ampia libertà di lingua e di religione.

 

 

6-Ipotesi sulle origini di Palazzolo

 

E' sempre di grande interesse il tema sulla ricerca delle origini: anche quello di una comunità come la nostra non sfugge a questa regola.

Per affrontarlo correttamente è necessario precisare che un conto è parlare dell'insediamento umano nella nostra zona e un altro è accertare i tempi e i modi di sorgere di una comunità con tutti i vincoli che essa crea tra i suoi abitanti ed i rapporti di questi col territorio.

Abbiamo fin qui parlato di genti "liguri", di popoli "celti" fra cui la tribù dei Cenomani, che hanno sicuramente abitato nelle nostre terre. Siamo arrivati a considerare l'influenza della civiltà "etrusca" su questi abitanti della Padania, e infine all'avvento della civiltà "romana" alla quale siamo tuttora debitori.

E' naturale che prima di procedere oltre facciamo il punto sulle "ipotesi" che da oltre un secolo i vari studiosi hanno avanzato sull'origine di Palazzolo.

Schematizzando per comodità espositiva, poiché l'argomento è invece complesso, diciamo che un gruppo di scrittori di storia locale (G. Rosa, A. Frontero, P. Guerrini, G. Coradazzi.) è per una origine in epoca romana: Palazzolo sarebbe stato un "pagus" e cui facevano capo i più piccoli "vici", il suo territorio posto sulle due sponde del fiume avrebbe avuto quell'estensione che sarà poi quello della pieve cristiana abbracciando Palosco, Cividino, Pontoglio, San Pancrazio, Alino (Zocco). Ne dà un'idea il nostro Vincenzo Rosa quando scrive l'itinerario delle rogazioni del secolo XVIII.

Questo centro romano era attraversato dalla strada Brescia-Milano, passante per il ponte al centro dell'abitato, era luogo di commercio per genti della pianura e delle vicine valli bresciane e bergamasche; l'autorità romana (pretore) avrebbe esercitato la sua funzione di giudice.

Un altro gruppo (S. Bonari, G.U. Lanfranchi, G. Giudici, F. Chiappa) è di parere contrario e afferma che Palazzolo non fu un pago romano, ma sorse nell'alto medioevo (sec.IV/V) come agglomerato urbano di una grande strada di comunicazione, con un porto, e un mercato di istituzione imperiale.

Il Dotti propende per origini più antiche: forse una palafitta d'argine collocata nella zona a sud del castello e poi centro etrusco, con castello, case e ponte, facente parte di un dispositivo difensivo lungo la sponda bresciana dell'Oglio; successivamente romano e poi pieve cristiana.

Il Lorenzoni identifica Palazzolo colla enigmatica località indicata nelle carte antiche "Leuceris" e posta a metà strada fra Brescia e Bergamo vicino a un corso d'acqua. Palazzolo, anzi Mura, sarebbe stata una tappa militare, perciò fortificata, luogo di sosta di autorità militari e civili, località che avrebbe preso nome dal popolo gallico dei Leuci.

Infatti questo nome significherebbe: "luogo popolato da Leuci nei pressi di acqua corrente".

Ci sono poi altre ipotesi che prendono a fondamento il nome di Palazzolo facendolo derivare dalla "palificazione" fatta nel fiume per la cattura del pesce: quindi un insediamento di persone dedite oltre che all'allevamento ed al lavoro nei campi, alla pesca.

Come si vede lo spazio temporale varia da 2.000 anni prima di Cristo a 500 dopo Cristo. Ciò dice la difficoltà di raggiungere delle certezze sulle origini e sui motivi che determinarono il sorgere di una prima comunità palazzolese.

 

7-La presenza romana

 

Nel nostro territorio, come in quelli vicini, i Romani hanno lasciato segni inconfondibili e duraturi della loro presenza e civiltà.

Questi segni sono attestati dall'organizzazione del territorio, dalla rete stradale, dai resti della centuriazione agricola e dai ritrovamenti archeologici.      Prima di parlare di ognuno di questi aspetti ritengo necessario premettere un breve inquadramento sui tempi e modi della colonizzazione romana.

 

8-L’ingresso dei Romani nel Bresciano

 

Nel 223 a.C. durante la guerra contro gli Insubri, i Romani alleati dei Cenomani, risalendo da Cremona, loro colonia, passano l'Oglio a Pontevico e puntano su Brescia.

Questa alleanza porterà presto ad un graduale assorbimento della civiltà romana, iniziato con i rapporti prima commerciali coi trafficanti latino/italici, e culminato coll'estensione, dopo l'89 a.C. alla Transpadania del diritto latino.

Ai tempi di Ottaviano Augusto, Brescia diventa "municipio" di cittadini romani e nel 27 a.C. è elevata al rango di "colonia civica augusta" con relativa iscrizione alla tribù Fabia, mentre Bergamo lo è a quella Voturia. Questo atto dà ai popoli della Gallia Cisalpina la fierezza del diritto di cittadinanza romana e ai Bresciani l'appartenenza allo stato romano, compreso quindi quello della elezione dei loro magistrati municipali.

 

9-L’organizzazione del territorio

 

Come abbiamo detto in precedenza il nome di "pagus" viene dato dai Romani a un'organizzazione territoriale preesistente la loro colonizzazione.

Infatti agli iniziali vincoli di sangue esistenti tra le varie tribù liguri o celtiche, coll'aumento della popolazione si sostituiscono nuovi rapporti sociali, la più piccola organizzazione territoriale era il "vicus", comprendente più famiglie insediate su fondi che esse coltivavano; l'insieme di più vici costituiva il pago, un'associazione di vici, con confini certi e caratteristiche particolari.

Esso era un centro amministrativo/politico, con una assemblea dei capifamiglia, con la potestà di dare ordini a tutti gli abitanti (i pagani), di organizzare il culto delle divinità, la processione annuale del riconoscimento dei confini e quella propiziatrice per i buoni raccolti (poi le nostre rogazioni), di suddividere fra i possessori del pago l'onere della manutenzione delle "viae vicinales" che collegavano il pago coi vici.

Al tempo di Augusto, nel 42 a.C., quando si procede alla riorganizzazione geografico amministrativa della penisola italiana, dividendola nelle famose undici regioni, il nostro Oglio diviene il confine tra la X regione "Venetia et Histria" e la XI "Transpadania".

 

10-La viabilità

 

Pare che fin dai tempi più antichi, la nostra terra avesse un reticolo di strade che la percorrevano sia in senso orizzontale (est-ovest) che in senso verticale (nord-sud).

La più importante arteria è stata senza dubbio quella che da Brescia raggiungeva Bergamo per Coccaglio, Cologne, Spina, Palazzolo, Cividino, Telgate, Cicola, e quindi su per Lecco e che consentiva il traffico etrusco dall'emporio di Spina alla Svizzera e ai Paesi del Nord Europa.

Il Dotti, sulla base di una serie di argomentazioni, più di vent'anni fa scriveva che gli Etruschi costruirono per primi il ponte che univa le due sponde dell'Oglio, ponte le cui fondamenta vennero utilizzate dall'Italcementi per lo sbarramento del fiume allorché venne costruita la prima centrale idroelettrica a nord del ponte della ferrovia Brescia/Bergamo. Con tale manufatto di circa cinque metri di larghezza e cento di lunghezza veniva superato il solco dell'Oglio.

Più recentemente il Coradazzi ha identificato le strutture murarie poste in sponda destra, di fronte al vecchio molino dei "Pilu" e ha messo in evidenza i rettifili ancora esistenti fra Telgate/Cividino/Spina, appartenuti alle maglie della centuriazioni romana.

Questa strada, che oggi è chiamata Via Verdi e passa davanti alla chiesa di S. Giuseppe, corre fra le cascine Ventighe (Antiquae), Caraglio (Caralis) ed è ricordata dagli antichi quaderni di viaggio Antoniano, Burdigalense e Peutingeriano e su di essa erano collocati i cippi miliari del Cividino (chiesa S.Giovanni) e della Spina.

Un secondo tracciato stradale sostituì più tardi questo antico quando tra il 363 e il 404 d.C. da Coccaglio la strada puntò direttamente sul ponte di Palazzolo e direttamente a Milano senza toccare Bergamo, seguendo il tracciato detto poi della strada "Francesca".

Le due porte medievali di Riva e di Mura saranno chiamate di Brescia e di Milano a indicare le direzioni della strada che da esse si   dipartiva.

 

11-La centuriazione

 

Con questo termine viene indicato il sistema con cui i Romani ripartivano ed assegnavano, dopo la loro conquista, i terreni ai coloni.

L'operazione consisteva nel tracciare sulla superficie prescelta un reticolato stradale formato da figure quasi quadrate col lato di 710 metri, ognuna delle quali veniva chiamata "centuria" ed aveva un'area di circa 150 piò bresciani. Questi quadrati erano delimitati da strade: quelle con andamento nord-sud chiamate cardini, e quelle est-ovest decumani. Fatta questa suddivisione ed estratte a sorte le parti, queste venivano assegnate ai coloni.

Questa suddivisione razionale del nostro territorio di qua e di là dell'Oglio è sopravvissuta fino ad oggi ed è riconoscibile nel tracciato stradale e nella collocazione delle cascine poste ai margini delle centurie.

Considerando i decumani partendo da sud, il Tozzi, identifica il 39° passante per Lurano, Mornico e Palazzolo e i cardini, partendo da ovest il 41° per Palosco, il 43° per Telgate, il 44° per Palazzolo, il 49° per Tagliuno.

Questa suddivisione sarebbe da collocarsi nel 1° secolo a.C., quando questi territori facevano parte della regione XI. Come si vede anche i centri abitati sorgono lungo o all'incrocio fra cardine e decumani.

 

 

12-Ritrovamenti archeologici

 

Alla fine del '700 furono ritrovate a Palazzolo due pietre miliari romane, una del 335 d.C. inneggiante ai figli dell'imperatore Costantino e una seconda del 36O d.C. che ricorda l'imperatore Giuliano.Sottratte alla strada romana, di cui indicavano le distanze, erano state riutilizzate dai Palazzolesi. La prima è nella raccolta della Pieve, la seconda al Museo di Brescia.

Durante gli scavi del 1977, per la sostituzione del pavimento della Pieve stessa, si rinvennero molti marmi romani: una bellissima stele funebre del II° secolo d.C. e frammenti di lapidi funerarie, che dovrebbero appartenere al luogo delle sepolture, collocato in un'area che diventerà poi cimitero cristiano intorno alla chiesa. La prima chiesa (secc.V/VI) conserva embrici di tombe romane reimpiegati nelle strutture absidali, altri furono ritrovati intorno alle fondazioni della chiesa stessa.

Recentemente nei lavori di sistemazione della chiesa di S.Antonio sulla Riva, sono venuti alla luce anche lì tegoloni romani e barbarici.

Non dimentichiamo i resti della villa romana nel territorio di S.Pancrazio e quelli di un acquedotto romano rinvenuti durante gli scavi per la costruzione del ponte della ferrovia.

 

 

13-Si diffonde il Cristianesimo

 

In età augustea in una lontana provincia dell'impero romano, nasce Gesù Cristo. I suoi discepoli diffondono il nuovo Verbo nel mondo greco-romano. Sono perseguitati, ma la nuova religione, dopo tre secoli dalla nascita del suo fondatore, prima tollerata, è accolta dalla società romana ( Costantino, anno 313 d.C.) e addirittura diventa religione ufficiale con Teodosio nel 392.

Nonostante questi rapidi cambiamenti della politica romana, il cristianesimo deve fare i conti col paganesimo e colle altre religioni, che convivevano nel tessuto sociale delle genti della campagna ( i pagani).

Non sappiamo esattamente quando essa giunse fra noi attraverso la predicazione e la conversione dei nostri antenati. E' certo comunque che essa, dalle grandi aree urbane delle città, si diffuse nei centri di campagna lungo la via di comunicazione Milano-Aquileia, percorsa da soldati, da mercanti e viaggiatori, portatori della nuova verità evangelica.

Essa attecchisce soprattutto fra il popolo minuto, che professava culti gallo-romani, orientali ed anche l'arianesimo, secondo le consuetudini religiose delle genti germaniche.

Già nel terzo secolo i primi vescovi bresciani, con slancio missionario, sfidano editti e incomprensioni ed anche persecuzioni per diffondere il Vangelo e la pratica della vita cristiana.

Per poter realizzare una penetrazione capillare organizzano nei centri rurali una struttura con a capo un "decumano", incaricato di reggere la nuova comunità, di predicare, di amministrare i sacramenti e provvedere alle opere di carità ed assistenza, senza le quali la predicazione non avrebbe prodotto frutti duraturi.

Nei luoghi, come il nostro, frequentati per ragioni di transito e di mercato, sorgono verso il IV secolo, le prime chiese chiamate "battesimali" e in seguito "plebane", che diventeranno le matrici di tutte le altre parrocchiali, formatesi nei secoli successivi.

Tali pievi sono istituzioni ecclesiastiche che vanno crescendo con il crollo dell'impero romano e colle incursioni barbariche. Nella provvisorietà di strutture politiche deboli ed incerte, per il periodo che va dal V al VIII secolo, si fa riferimento all'autorità morale ormai raggiunta dalla chiesa presso i romani ed i barbari.

Esse estendono la loro giurisdizione su  un vasto territorio, di solito quello del pago romano, hanno una intensa vita liturgica, vedono presenti chierici, stretti in una vita comunitaria, gestiscono beni in funzione caritativa (ospizi-ospedali per i poveri e i pellegrini).

 

 

14-La Pieve di Palazzolo

Anche sul problema dell'origine delle prima comunità cristiana locale e del sorgere della pieve palazzolese ci sono pareri discordi.

C'è chi pensa che fin dal tempo della dominazione romana "quivi dominasse la religione di Cristo, sia per rinvenire S.Fedele, uno dei campioni della Legione Tebana, indicato sotto antica data, quale protettore del nostro paese, ove corre tradizione che quel santo fra noi dimorasse per alcun tempo, sia per vedere festeggiati fra noi imperatori romani che professavano o tolleravano la nuova religione" (Maza-Brescianin).

Altri scrivono che la pieve di Palazzolo sorse più tardi , verso il secolo XI per un compromesso fra i vescovi-conti di Brescia e Bergamo e il suo territorio, esteso di qua e di là  dell'Oglio, si fosse formato togliendolo alle pievi di Coccaglio, Erbusco, Calepio e Telgate.

Infine chi afferma che le pievi fossero due, Palazzolo e Mura, una dedicata alla Madonna e l'altra a S. Giovanni Evangelista.

Le recenti scoperte archeologiche effettuate proprio nell'area della chiesa vecchia ,che hanno messo in luce l'impianto della primitiva chiesa, databile al secolo V-VI, dimostrano, secondo me, che il cristianesimo doveva avere già avuto una forte penetrazione nella nostra zona e che l'organizzazione del culto doveva avere già assunto tale importanza sia per il numero dei fedeli, che per l’estensione del territorio, da esigere e nel contempo permettere la costruzione non, di una cappella o piccolo oratorio, ma di una chiesa abbastanza grande con annesso cimitero e probabile battistero.

La descrizione del percorso delle rogazioni fatta dal Rosa alla fine del '700, che nel loro percorso toccavano per la zona di Mura: la chiesa si S.Sebastiano,(nella campagna di Palosco)S.Pietro, S.Vitale (nella campagna di Telgate),S.Giovanni delle Formiche, S.Francesco e la Madonna del Cividino e S.Giovanni a Mura; per la zona di Piazza: la chiesa della Sgraffigna, S.Pancrazio, Zocco, S.Giacomo dei Cappuccini sul monte di Cologne, S.Maria sulla via Vedra; per la zona di Riva: S.Antonio, le Mirandole, S.Rocco, il Boscolevato, S.Vittore di Pontoglio e infine la SS.Trinità, mostra l'ampiezza della giurisdizione della nostra pieve, come è venuta evolvendo attraverso i tempi.

L'instabilità dei confini con quelli delle pievi vicine e poi delle nuove parrocchie è un dato ormai assodato, conseguenza della mobilità del confine dell'Oglio le cui sponde sono sempre contese fra i Bresciani e i Bergamaschi.

15-I Barbari

Questo periodo è caratterizzato dallo stanziamento di popolazioni germaniche tra noi e da una difficile convivenza fra i " latini" e le nuove genti per via dei costumi, lingua, ordinamenti sociali e politici, per la diversità di religione, per la gestione dell’economia, per la istituzioni militari e l'amministrazione della giustizia.

Prima arrivano i Visigoti di Alarico (4O2 d.C.) e gli Unni di Attila (452 d.C.) a cui fa seguito il dominio di Odoacre (476-493), che concede ai suoi soldati la terza parte delle case e delle terre dei romani.

Dopo il regno di Teodorico 4493-526), che per consentire il passaggio delle navi da trasporto fece  tagliare i boschi dalle rive del PO e volle libero il corso dell'Oglio dalle reti dei pescatori, e lo scontro con Narsete, generale bizantino, scompare la stirpe gotica.

16-I Longobardi

Contingenti militari longobardi avevano militato nell’esercito bizantino di Narsete durante la guerra gotica. Forse allettati dalle descrizioni di questi reduci, oltre che sospinti da necessità economiche i capi di questo popolo germanico, decidono di trasferirsi in Italia.

Secondo Paolo Diacono essi partirono il 2 aprile 568 dalla zona del Balaton (Ungheria) in 300.000 ed arrivarono a Verona verso la fine dell'ottobre dell'anno successivo.

Proprio da Verona essi puntarono direttamente su Brescia e Milano, mentre un corpo staccato andava ad occupare Bergamo. In questo viaggio essi utilizzarono vie di comunicazione che facevano capo al nostro ponte sull'Oglio.

Nel territorio bresciano e bergamasco si installarono numerosi gruppi longobardi. Brescia divenne un loro ducato con a capo Alachi, così Bergamo con capo Wallari.

Si insediarono per gruppi di guerrieri, seguiti dalle loro famiglie, nei luoghi strategici per il controllo delle strade e dei porti fluviali, a ridosso di fortificazioni goto-bizantine, appena fuori degli abitati o in aperta campagna.

Il nome "breda" dato alle cascine a Mura, alle Calci e Riva e nella campagna "bredina,bredella,breda-gardale,breda-molino si chiamano ancora oggi) è indizio sicuro di presenza e di possessi di gruppi longobardi.

Altri nomi tramandatici da quel popolo sono :"gazo" (gashol, gazzolo,gazzoletto) che significa selva,bosco riserva di caccia del duca. Così quelli di Gardale,Gardeleotto, significano appezzamenti di terreno presso il fiume.

Nel secolo VII i Longobardi si convertono al cristianesimo e le chiese che essi innalzano sono dedicato a S.Michele, rappresentato come "pesatore di anime" e con armatura guerresca per meglio indicare la lotta contro satana.

Una chiesa dedicata a S.Michele sorgeva, secondo varie testimonianze, lungo la via Prato. Anche S.Pietro, considerato il portinaio del cielo, ebbe un culto particolare per indicare la volontà di unione colla chiesa di Roma; da noi una chiesa stava sulla via per Telgate. San Zeno, protettore contro le inondazioni dei fiumi e dei torrenti, è ricordato dalla cascina che sorge sulla via Chiari, ove si rinvennero tombe di epoca barbarica. E infine S.Eusebio, protettore contro gli ariani, sulla via verso cologna, in una zona dove sono stati effettuati ritrovamenti pre-cristiani e barbarici.La dominazione longobarda dura poco più di due secoli (568-774),ma ha lasciato fra noi usi e costumi germanici, elementi linguistici presenti ancora nel nostro dialetto e una organizzazione territoriale basata sulla "corti" rurali; insomma un modo di essere e di vivere per un'area che da quel popolo ha preso il nome di Lombardia.

 

17-Pri­mo do­cu­men­to scrit­to

in cui si par­la di Pa­lazzolo

 

Nei do­cu­men­ti lom­bar­di del­l'al­to me­dioe­vo, si tro­va più vol­te ci­ta­to il no­me "Pa­laz­zo­lo", ma l'un­ico nel qua­le è possibile ri­co­no­sce­re il no­stro, ri­sa­le al­l'an­no 83O d.C.  e ri­guar­da la do­na­zio­ne al ve­sco­vo di Ber­ga­mo, da par­te del  pos­si­den­te Sta­bi­le di ter­re gia­cen­ti in Pa­laz­zolo.

Q ue­sto do­cu­men­to, vec­chio di ol­tre mil­le an­ni, ri­pro­pro­ne pro­ble­mi del tem­pio del­la do­mi­na­zio­ne dei Fran­chi, suc­ce­du­ta a quel­la dei Lon­go­bar­di, ini­zia­ta col­la di­sce­sa di Car­lo  Ma­gno, chia­ma­to dal Pa­pa, che era en­tra­to in con­flit­to coi Lon­go­bar­di e fon­da­ta su un'or­ga­niz­za­zio­ne ter­ri­to­ria­le che pre­ve­de­va tan­ti co­mi­ta­ti ( a so­mi­glian­za dei du­ca­ti lon­go­bar­di) af­fi­da­ti a fun­zio­na­ri re­gi, la cui su­bor­di­na­zio­ne era raf­for­za­ta dal vin­co­lo del vassallaggio, ti­pi­co del­la strut­tu­ra feu­da­le por­ta­ta in Ita­lia da que­sto po­po­lo d'ol­tralpe.

La do­na­zio­ne di ter­re di un pri­va­to al­la chie­sa ber­ga­ma­sca si in­qua­dra in un at­teg­gia­men­to co­mu­ne al­lo­ra fra i fe­de­li,di ri­co­no­sce­re po­te­re ol­tre che  spi­ri­tua­le an­che po­li­ti­co ed eco­no­mi­co ai ve­sco­vi-con­ti, uo­mi­ni di fi­du­cia dei re fran­chi e lo­ro feudatari, de­sti­na­ta­ri di am­pie con­ces­sio­ni fat­te al­lo sco­po di ot­te­ne­re  la lo­ro fe­del­tà e la più fa­cile ob­be­dien­za del­le po­po­la­zio­ni lo­ro sot­to­messe.

La ces­sio­ne di ter­re pa­laz­zo­le­si in­du­ce a pen­sa­re che a quel tem­po non fos­se an­co­ra con­sa­cra­ta la se­pa­ra­zio­ne fra i nu­clei abi­ta­ti del­le due spon­de del­l'O­glio, che Mu­ra non avesse una sua par­ti­co­la­re au­to­no­mia e che il con­fi­ne del­l'O­glio dei due comi­ta­ti  bre­scia­no e ber­ga­ma­sco, non fos­se an­co­ra chia­ra­men­te de­fi­ni­to. Op­pu­re che il con­ta­do ber­ga­ma­sco si spin­ges­se al di  qua del fiume.

Il pos­ses­so del pas­sag­gio del­l'O­glio è sem­pre sta­to am­bi­to dai due con­fi­nan­ti, che crea­ro­no due "cor­ti re­gie" (Mu­ra e Pa­laz­zo­lo) al­le lo­ro di­pen­den­ze, di­fen­den­do que­sta por­ta di en­tra­ta nei ri­spet­ti­vi ter­ri­to­ri con strut­tu­re for­ti­fi­ca­te e con­qui­stan­do la fe­del­tà de­gli abi­tan­ti con am­pie con­ces­sioni.

I due ve­sco­vi si ri­vol­go­no agli im­pe­ra­to­ri del tem­po per ot­te­ne­re sem­pre  mag­gio­ri di­rit­ti sul­l'O­glio, che poi es­si tra­sfe­ri­sco­no ai lo­ro vas­sal­li: co­sì Pa­laz­zo­lo e Mu­ra han­no la con­ces­sio­ne del mer­ca­to set­ti­ma­na­le, l'at­tra­ver­sa­men­to del pon­te av­vie­ne me­dian­te il pa­ga­men­to di un pe­dag­gio, nes­su­no può uti­liz­za­re la ac­que del fiu­me per na­vi­ga­re, per pe­sca­re, per ma­ce­ra­re il li­no, per estrar­re ac­qua a sco­pi ir­ri­gui o mo­li­to­ri sen­za il be­ne­sta­re del ve­scovo.

 

 

 

18-Le due corti regie

 

Il contado è diviso in "corti" dette "regie" perché facenti parte del territorio dell'impero,infeudate all'autorità locale (vescovo-conte) che le governa per mezzo dei suoi funzionari.

La corte,in senso stretto ha il significato di spazio chiuso in cui sorge la casa; qui invece ha quello di insediamento rurale di pianura, fatto di terreni e case unite in un agglomerato urbano da formare un villaggio.

E' anche un centro di scambi commerciali intorno ad un mercato. La sua estensione varia a secondo del numero e dell'ampiezza dei terreni.

Ha una primitiva organizzazione vicinale,con una sua vita, con le sue consuetudini e norme di comportamento, che variano da corte a corte con differenze tali che creano una diversità anche di linguaggi (dialetti) per cui solo a pochi chilometri di distanza si finisce per parlare in modo diverso.

Quando è necessario e sempre per concessione imperiale si costruiscono le opere di difesa: mura,torri, rocche.

Palazzolo, prima dell'anno mille ha, oltre al mercato settimanale, la sua chiesa con un chiostro, un ospizio per pellegrini e viandanti posto all'inizio del ponte, seriole e molini, una rocca con cortine di mura e tre porte: dei Molini,di Riva, di Carvasaglio. Così Mura col suo mercato settimanale, la sua chiesa di S.Giovanni, la rocchetta con le mura e la porta Mediolanense ed il porto appena a sud del ponte.

Proprio il nome di Carvasaglio potrebbe richiamare il luogo dove il vassallo di Carlo (Caroli vassalli) esercitava la giurisdizione feudale.

In questo periodo tristissimo,pieno di insicurezza, invasioni, saccheggi, soprusi di cui fu teatro tutta l’Italia ex Longobarda, in cui la classe dirigente franca si dimostrò del tutto estranea ai destini delle popolazioni,il mondo in anarchia creò la favola dell'anno mille come attesa di un grande cambiamento.

 

 

19-Palazzolo borgo fortificato

Il secolo IX è chiamato "delle rocche" perché è di quel tempo il sorgere di torri, castelli e fortificazioni a difesa degli abitati contro le scorrerie, le violenze ed i saccheggi.

Nell'899 Berengario emette una serie di provvedimenti con cui concede ai propri feudatari la più ampia facoltà di fortificare le città e le corti sparse nel contado, soprattutto nei luoghi di confine.

Siamo al tempo delle scorrerie degli Ungheri,che partiti dalle regioni dell'est europeo, superate le Alpi, dilagano nella pianura, come i loro predecessori Unni e percorrendo la strada Aquileia-Milano, investono anche le nostre terre,depredano e distruggono quanto trovano sul loro cammino. Nell'anno 904 Brescia infatti è da loro saccheggiata.

Fra la seconda metà del secolo VIII e la prima del IX, sono nominati tutti i castelli lungo l'Oglio e di quell'epoca è la costruzione o la ricostruzione (secondo alcuni storici) delle fortificazioni palazzolesi.

Siccome due erano i nuclei abitati,avamposti di realtà politiche diverse, i sistemi fortificati erano due : Palazzolo e Mura.

Solo più tardi, dopo l'unificazione e la nascita del comune, i due sistemi si fonderanno, ma sorgerà in sponda destra la nuova cerchia delle "chiusure di Mura" verso il confine bergamasco.

 

Il sistema difensivo palazzolese è imperniato sulla "rocca  magna"(castello) e su tre settori di mura e fossati, che fanno capo alle tre porte.

Il castello, innalzato sul terrazzo prospiciente l'Oglio e l'abitato, è un  insieme di tre torri rotonde allineate: Mirabella, Ruellina e della Porta del soccorso, unite da poderose mura con fossato intorno, mura entro le quali sono ricavati camminamenti, ancora oggi ben conservati, che mettono in comunicazione vari settori della rocca. Al centro una torre quadrata (Torre della salvezza) con un cortile con case e pozzo e due porte: una che si apre verso la campagna (Porta del Soccorso) ed una verso l'interno dell'abitato (Porta del ponte lavatoio di Riva).

Il primo tratto delle mura parte dall'Oglio e dalla Porta dei Molini, sale verso la torre della Ruellina, superando la seriola Vetra. Il secondo si diparte dall'angolo est del castello e,con andamento semicircolare, arriva alla Porta di Riva (o di Brescia). Il terzo piega versa sera, scavalca di nuovo la Vetra e scende alla Porta di Caravasaglio e arriva all'Oglio.

Il sistema difensivo di Mura è imperniato sulla Rocchetta e su tre tratti di mura con fossato. Il primo dalla Rocchetta,con andamento parallelo al fiume, va verso il campi detti" Le Torri",di fronte alle isole dei molini,sale alla Torre rotonda di Mura, il secondo rafforzato da altre torri, scende per le fossette fino alla Porta di Mura (o di Milano).L'ultimo scende al fiume all'altezza della "rosta".

All'interno dell'abitato c'è una porta di accesso al ponte dell'Oglio dalla parte della Piazza e un'altra al di là dal ponte innestata nel nucleo difensivo della Rocchetta.

Il materiale usato per la costruzione di questo apparato difensivo è costituito da sassi di fiume e queste costruzioni sono espressione delle tecniche e delle concezioni urbanistiche del medioevo. Hanno impegnato risorse finanziarie ed umane notevoli, non solo palazzolesi, ma anche del contado bresciano.

Erano talmente importanti che gli Statuti di Brescia stabilivano che non si dovesse fare alcuna fortificazione sopra la porte di Palazzolo e di Mura, ne costruzioni nello stesso abitato, ne fuori, che superasse i sei punti di altezza.

I resti,che oggi sono ancora visibili, hanno resistito allo scorrere dei secoli grazie alla loro perfezione costruttiva.

Verso al fine del secolo XII, unificati i due abitati sotto il dominio bresciano, sorge,come abbiamo detto, un'altra opera difensiva, costituita da un grande fossato con terrapieno che correva a circa un miglio ad ovest dalle fortificazioni di Mura.

Iniziava all'altezza della colonia elioterapica odierna e seguendo l’attuale Via Meucci, superava le vie per Grumello, e per Telgate, la via Prato, quella per Bergamo, per Palosco e terminava in Oglio presso la Bravadorga.

I Bergamaschi a loro volta avevano una loro cerchia che iniziava  a 15O metri a nord dell’attuale ponte dell'autostrada,circondava il Cividino , il Quintano e Mura e terminava in Oglio poco a nord dell'antico molino di Palosco.

Fra l'una e l'altra cerchia c'era la terra di nessuno o "deserta" sovente richiamata negli atti privati di quel tempo.

La prima descrizione delle chiusure di Mura è dell'anno 1482 e quella del castello del 1483.

Man mano veniva meno lo scopo per cui erano state costruite, queste fortificazioni decaddero ed i materiali vennero reimpiegati nelle costruzioni dei secoli successivi. Nel 1517 il senato veneto decide di abbandonare le fortezze del territorio nostro e di cederne la proprietà al Comune, con  l'onere del mantenimento.

 

 

 

 

20-Il  mercato di Palazzolo

 

Palazzolo e Mura, prima della loro unificazione, avevano per diritto di investitura feudale, un loro mercato, che si teneva in due giorni diversi della settimana.

Favorito dai facili collegamenti stradali coi centri vicini e dalla navigazione sull’Oglio, che mette in comunicazione le Valli con il Po e Venezia, si svolgeva in spazi che oggi è difficile identificare con sicurezza.Era così importante per la nostra terra che una Quadra aveva preso il nome di "Mercato" (poi divenuta Piazza) e proprio la piazza diventa la sua sede. Circondata da portici, con osterie, botteghe e pesa comunale, ha tutti i requisiti per ospitare i bachi e le contrattazioni che vi si svolgono.

Quando nei secoli seguenti il mercato è uno solo e fissato al mercoledì, richiama ancora più venditori e compratori e costituisce un'incentivo per tutta l'economia locale. Il comune poi ricava utile dai vari dazi connessi con questo mercato. Vi si vendono solo prodotti locali, ma anche di provenienze forestiere; accanto alle merci, ci sono le granaglie, gli animali, il legname da costruzione.

 

 

 

21-L'ospedale-ospizio per i pellegrini

Lungo le grandi vie di comunicazione, che avevano servito ai Romani per trasferire le truppe e per i collegamenti commerciali, la chiesa, dopo la decadenza barbarica, organizza una rete assistenziale trasformando i vecchi posti di tappa militare in ostelli gratuiti per accogliere, a qualsiasi ora , tutte le persone che chiedessero di essere albergate .

Sorge a Palazzolo una casa dell'ospitalità, ricovero dei viaggiatori e pellegrini, detta col termine bizantino "zenodochio", poi "hospitale" e "hospitium".

Secondo il Maza-Brescianini sarebbe  l'879 l'anno della sua fondazione. Anche se la notizia sembra riferirsi a un Palazzolo forse milanese, tuttavia è di questo tempo l'inizio dell’attività del nostro primo ospedale-ospizio.Era collocato in Piazza del Mercato, nel caseggiato di proprietà comunale che sta all'imboccatura del ponte; un luogo classico per la sosta dei viandanti e dei passeggeri (oggi Caffè Centrale).

Era anch'esso una investitura feudale vescovile ed ogni anno gli uomini di Palazzolo versavano alla curia una somma in riconoscimento di questa concessione.

Vi si accoglievano ammalati e viandanti. Era diretto da un governatore, che ottenevo l'incarico dal comune e pagava una somma di affitto simbolica impegnandosi solennemente a trattare bene i poveri ed i pellegrini che qui venivano ricoverati. Annessa l'ospedale c'era anche un’osteria, che man mano prese il sopravvento sull'attività assistenziale ospedaliera.

Verso la fine del secolo XV la casa, che avrebbe dovuto essere trasformata nel nuovo Palazzo Comunale, viene risistemata per quartiere dei soldati di ventura e al piano terra si amplia l’osteria. Solo una stanza continua ad essere adibita a ricovero per ammalati e moribondi.

Ancora oggi all'interno del caffè si vedono sui capitelli delle colonne in pietra di Sarnico, gli stemmi del comune di Palazzolo, che ricordano l'antica destinazione dell'immobile.

La decadenza di questa istituzione coincide col crescere dell'attività assistenziale ai malati praticata dai monaci di S.Antonio di Vienne ,che dalla metà del secolo XIV avevano aperto un loro ospedale in locali annessi alla chiesa di S.Antonio nella quadra di Riva, sempre adiacenti alla strada postale che attraversava l'abitato.

 

 

22-L'Oglio al centro di secoli di controversie

 

Brescia e Bergamo per secoli si disputano i diritti sul fiume Oglio e Palazzolo viene a trovarsi  coinvolto nelle contese fra i due confinanti.

Per capire le vicende,anche militari,del secolo XI e seguenti, è necessario accennare alla storia di questo diritto.

Secondo la costituzione di Federico I, dettata dai dottori dell'Università di Bologna, i fiumi e quindi tutto ciò che  riguarda l'uso delle loro acque, navigazioni,porti, ponti,pescagioni,molini, seriole, sono di proprietà dell'imperatore, che ne può disporre a suo piacimento.

Diventati i vescovi i diretti rappresentanti degli imperatori di Germania,cercarono di ottenere anche la concessione dei diritti sull'Oglio. Così nel 13O7 Corrado II concede al vescovo di Bresca Ulderico la giurisdizione sull'Oglio e su entrambe le sponde.Anche il vescovo di Bergamo nel 1041 ottiene  da Enrico III  tutti i diritti sul contado bergamasco, il cui confine di levante è rappresentato dall'Oglio.

Ognuno dei feudatari cerca di sfruttare al massimo le concessioni imperiali. L'Oglio è quindi oggetto delle loro attenzioni. E' soprattutto il vescovo di Brescia che, sicuro del suo diritto su entrambe le rive,si sente l'unico padrone del fiume.Chiunque  ha bisogno di utilizzarne le risorse deve rivolgersi a lui.I Bergamaschi ed anche i Cremonesi, mal sopportano la totale supremazia bresciana sulle due sponde del fiume.Alla prima occasione di dissenso fra Brescia e Bergamo per ragioni di confine  in quel di Lovere, si ricorre alle armi e gli scontri avvengono lungo il basso Oglio.

L'11 marzo 1156 i Bresciani invadono con il loro esercito il bergamasco passando il fiume a Pontoglio poiché le solide difese di Mura lo impedivano.Nella campagna di Palosco detta "Le Grumore" avviene lo scontro fra i due eserciti.I bresciani alla fine escono vincitori, distruggono il castello di Palosco e rientrano in città esultanti con lo stendardo di S.Alessandro,patrono di Bergamo.

Il 21 marzo, nei prati vicino alla chiesetta di S.Michele, posta nella campagna fra Telgate e Palazzolo, viene concluso un trattato di pace con solenni promesse da ambo le parti.

C'è un breve periodo di concordia che coincide col giuramento di Pontida e la comune lotta all'imperatore Federico Barbarossa ,che aveva avocato a sè i diritti sul fiume.Si giunge alla pace di Costanza del 1183 e in quella sede il diritto imperiale sul fiume passa alle città firmatarie,fra cui Brescia.

Sorgono nuove alleanze:i Bergamaschi stanno con i Cremonesi per nuove rivendicazioni sull'Oglio. I Bresciani si alleano coi Milanesi. Nel 1191 scoppia una guerra,che si svolge di nuovo lungo il tratto di fiume da Telgate a Palazzolo,Palosco,Cividate e  Rudiano. Ai primi di luglio i Bergamaschi pongono gli accampamenti a Telgate e Palosco; i Bresciani a loro volta conducono il carroccio e prendono posizione a Palazzolo e mandano altre forze a tenere i castelli di Pontoglio e Rudiano. Nella notte del 6 luglio Bergamaschi e Cremonesi, forti di 15OO uomini, gettano un ponte di legno a Cividate e si danno a saccheggiare le campagne di Urago e Pontoglio. La mattina del 7 luglio avviene lo scontro decisivo ed i Bresciani ricacciano gli alleati di là dal fiume. Il ponte di legno si spezza e nell'Oglio finiscono uomini ed animali.

La sconfitta a Bergamo e Cremona costò un alto numero di caduti tanto che la battaglia passò alla storia col nome di "Malamorte". Ma gli scontri non risolvono le annose questioni di confine per cui nel 1192 interviene lo stesso imperatore Enrico IV a dirimerle, riconoscendo i diritti del comune di Brescia su ambedue le sponde sai "dalla corte e territorio di Mura e dalla corte e territorio di Palazzolo in su fino al lago d'Iseo e in giù fino a Mosio".

E' questo l'atto che sanziona l’appartenenza delle due corti regie al bresciano e l’unificazione del territorio di quello che diventerà poi il "comune" di Palazzolo.

A mura l'11 agosto, nel prato di S.Pietro in Valico, posto fra Mura,  Telgate e Grumello, all'ombra di un noce, i consoli bresciani e bergamaschi, con largo seguito di consiglieri e di popolo, firmano e giurano una nuova pace.

Le beghe non finiscono qui e l'8 luglio 1219 nel chiostro della pieve di Palazzolo, si svolge un altro atto di pacificazione e con un accordo per la costruzione di una strada nuova che unisca Mura con Grumello,che sarà terminata antro i primi di settembre .

Gli Statuti di Brescia del 1281 ribadiscono il diritto imperiale sulle acque del fiume e affermano che qualunque persona o comunità bresciana può derivarne le acque a  sue spese. Questa è la ragione per cui le più antiche rogge derivate dall’Oglio non hanno un titolo di concessione specifico:esse lo fondano negli statuti bresciani.

Nel 1427 coll’avvento della Repubblica di Venezia,in occasione di altre controversie fra Milano e Venezia, si conviene che il fiume, su ambedue le rive, per la larghezza di 1OO trabucchi (circa 26O metri) è di sola proprietà bresciana.

Solo la pace di Lodi definisce che il confine fra Brescia e Bergamo corre al centro del fiume.Ma tale decisione non ha più importanza poiché l'Adda è ora il nuovo confine fra Milano e Venezia.

Nei secoli seguenti continuano le dispute sull'uso delle acque divenute sempre più importanti per l'irrigazione e per la forza idraulica indispensabile per la nascente industria.

 

 

 

 

23-Primi palazzolesi passati alla storia

 

Prescindendo dai membri delle tribù Voturia e Fabia e dagli altri abitanti di Palazzolo ricordati nelle iscrizioni funebri, oltre al vassallo di Carlo Magno, altri palazzolesi compaiono in elenchi o atti dei secoli dell'alto medioevo.

Nel 913 troviamo uno Stadiverti di Mura; nel 1117 un Rustico e Bianco figli di Pagano di Palazzolo e le loro mogli Rosa e Letizia,poi nel 117O un Oberto da Palazzolo.

Due personaggi assurti ad un certo livello socio-politico sono due consoli di Brescia: Boso o Bosone da Palazolo nel 1110 e Rainerius de la Mura  nel 1133.Di questo Boso da Palazzolo la cronaca di Ardiccio degli Aimoni narra che " era figlio di un falegname; a dispetto dei nobili cittadini era console da un anno. Uomo integerrimo, facondo, e che al fermo e gagliardo petto sapea congiungere la prudenza del magistrato, conteneva l'orgoglio e la potenza del patriziato forse più che a' nobili non talentasse.Non è a dire come il popolo n'andasse preso, e già volevalsi priore del consolato alla prima vacanza;ma i gentilizi, che l'odiavano con tutto il cuore, metteano voce,non doversi al Bosone cotanta fede;voler egli non il priorato, ma il dominio della città;nè credendo il popolo a quelle fiabe,trovarono che meglio saria stato finirlo addirittura, e sei giovani del loro sangue, attesolo che passava per la via Calcari (ora contrada Calchera), gli furono  d'attorno e mentre l'uno porgevagli non so che memoriale, tutti ad un tratto lo pugnalavano. Ma la fuga non li salvò perchè levatasi la moltitudine, appena fu che il vescovo Villano ratenesse quell'impeto fino a che giunto Ardicio, scoperti  gli assassini, badivali con taglia di grave somma e confisca dei loro beni".

 

 

24-Una lega contro l’Imperatore di Germania

 

 

Una lega fra le città italiane a Palazzolo nel 1103

Ardiccio degli Aimoni, priore dei consoli di Brescia, temendo la discesa degli imperatori di Germania a riprendere il dominio d'Italia, si fece promotore di una "lega" fra le città delle Marche e della Lombardia per la comune difesa della libertà. Otttenuta l'autorizzazione del consiglio di credenza, andò a visitare le singole città e sentita la loro disponibilità, presdipose  i patti e le condizioni di questa "società" che sarebbe stata presieduta da due rettori,uno in rappresentanza delle Marche e l'altro della Lombardia. Fissò come luogo del convegno degli amabsciatori il chiostro della pieve di Palazzolo.Qui si sarebbero sottoscritti i patti dell'alleanza. L'iniziativa non ebbe successo,non erano ancora maturi i tempi che portarono poi alla Lega Lombarda ed al giuramento di Pontida.

 

25-Palazzolo saccheggiata

Alboino degli Alboini, di Lozio in Vallecamonica, aveva suscitato una sollevazione in valle contro Brescia e in pochi giorni aveva raccolto schiavi, da lui liberati, ed ogni sorta di uomini facinorosi, in tal numero da mettere paura a tutta la Valle ed al Bresciano.Ma la Valle si levò in armi ed Alboino ed i suoi furono di là cacciati. Essi si volsero verso il Bergamasco devastandone gl'innocenti castelli e facendo precedere la promessa di libertà dal sacheggio e dalla prepotenza.

Ribaldo dei Cattanei di Scalve, console di Bergamo, radunate le forze del comune viene da attaccarli. A tale nuova essi abbandonano il bergamasco ritornando sul bresciano e passano il fiume Oglio  a Palazzolo,che viene da loro desolata con ogni sorte di ostilità;dopo d'averla saccheggiata mettono a fil di spada gli abitanti e vi danno fuoco ed alla stessa maniera trattano diverse terre all'intorno.

Oldofredo degli Isei, valorossisimo capitano, va incontro al camuno coi suoi fanti e cavalieri, sceltissima gente e lo trova chiuso in campo su un terreno elevato vicino a Pontoglio. Lo scontro è breve percè, fatto prigioniero Alboino, i resti del suo esercito, rivalicato l'Oglio,sono inseguiti alla spicciolata dagli abitanti della bassa e finirono o trafitti sul campo o strozzati dal capestro.

 

 

26-Nasce  il  Comune di Palazzolo

 

Agli inizi del secolo XI l'unità del bresciano (diocesi e comitato) si va indebolendo per le concessioni fatte dagli imperatori a nuovi feudatari e per la rinuncia del vescovo ad alcuni suoi diritti (anno 1O38) a favore degli "uomini liberi" abitanti in Brescia.

Nascono delle associazioni private di cittadini mossi da un vivissimo amore per la propria terra e da un profondo senso della libertà, che sono alla base dell'istituzione comunale.

Nel secolo seguente, dopo la vittoria dei comuni lombardi contro il Barbarossa ed il trattato di Roncaglia, con cui vengono loro riconosciute ampie libertà, si attenuano i contrasti fra Bresciani e Bergamaschi per i confini dell'Oglio. Si stabilizzano i rapporti fra Mura e Palazzolo con la creazione del comune di Palazzolo.

Gli storici sono d'accordo nel fissare la data di nascita intorno al 1192, che coincide con la concessione di Enrico VI al comune di Brescia dei diritti sulle due sponde dell'Oglio.

 

27-La vicinia

 

Nei primi anni di vita l'autorità del comune risiede nella "assemblea generale" dei capifamiglia, chiamata "vicinia", organizzazione preesistente il comune e sopravvissuta ad esso,che si riunisce ordinariamente una volta all'anno per eleggere i consoli e gli altri amministratori della cosa pubblica ed in modo straordinario quando la comunità è chiamata a prendere decisioni importanti e che impegnano finanziariamente tutti gli abitanti del comune. E' presieduta dal podestà o dal suo luogotenente (di solito un palazzolese) e le riunioni hanno luogo in chiesa, data la capienza dell'edificio sacro.

L'organo esecutivo della volontà di questa assemblea è il consiglio comunale, formato da trentasei membri, 18 effettivi e 18 supplenti, scelti fra le tre Quadre del paese (12 ogni quadra).Vi possono accedere solo gli "homines" iscritti nei ruoli fiscali comunali, cioè  coloro che pagano le tasse. I "cives" discendenti o membri delle famiglie più importanti e che risiedono in città e non sono contribuenti del comune di Palazzolo, avevano una loro associazione e dei rappresentanti che intervenivano nelle controversie, che nei secoli contrapposero questi due corpi sociali.

A fine anno o ai primi di gennaio il consiglio si riunisce nel Palazzo Comunale, sotto la presidenza del Podestà, per il rinnovo dei consiglieri, che sono scelti col ballottagio, per la nomina dei consoli e delle altre cariche comunali.

I consoli sono 18, sei per quadra, entrano in carica tre per volta per la durata di due mesi.L'avvicendamento avviene per estrazione. Essi giurano di adempiere al loro ufficio con onestà, Sono stipendiati  per l'onerosità del loro impegno.Propongono gli argomenti da trattare nelle assemblee, in pratica sono loro che fanno politica e costituiscono una aristocrazia consolare.

Le altre cariche comunali più note sono i rationatores (revisori dei conti), i campari, i massari, gli estimatori, i deputati alle strade, i nunzi o ambasciatori, i procuratori e infine il cancelliere comunale (odierno segretario comunale).

 

28-Gli Statuti comunali

 

Palazzolo ha fin dal secolo XIII degli "Statuti" sulla base dei quali si governa, soprattuto quando è indipendente dalla città di Brescia ed il suo Podestà gode di ampia autonomia giuridico -amministrativa.

L'imperatore Lodovico il Bavaro, di passaggio da Palazzolo nel 1329 ne riconfermava la loro validità.

Probabilmente prima dell'avvento del Podestà, i consoli amministravano in base alle antiche consuetudini. All'inizio del secolo XIV si compilano e approvano gli Statuti dei quali si conosce e si conserva una copia settecentesca presso la Biblioteca Civica.

Il loro complesso è costituito da quattro libri e 221 capitoli. Ebbero vita breve però, infatti furono utilizzati dal 1425 al 1448, ma le indicazioni in essi contenute continuarono di fatto a regolare la vita civile di Palazzolo e delle sua quadra podestarile  fino all'epoca della Rivoluzione Francese.

 

29-Le tre Quadre

 

Negli Statuti  si parla di tre Quadre (o squadre): Mura, Mercato e Sopra Riva. Esse erano territorialmente ben definite: Mura  tutta ad ovest del fiume, Mercato fra l'Oglio e la seriola Vetra, Riva ad est di detta seriola.

Quello che oggi è il rione Calci, faceva parte della quadra di Riva.

Ogni quadra ha una sua struttura amministrativa, un sindacato, una vicinia, i consoli o deputati rappresentanti la quadra nel consiglio comunale.

Quella di Mura si offre come esempio di vita, all'interno del più vasto comune di Palazzolo.

Ha la sua chiesa col cimitero, istituzioni caritative: Monte granatico, dotazioni per le nubende, lasciti alla quadra.

La Confraternita del Suffragio dei Morti, gestisce  le chiese di S.Pietro,e S.Sebastiano oltre a S.Giovanni.     Nella quadra avevano un posto importante quei servizi pubblici che il comune appaltava: i torcoli, la misura e cargatura del vino ed infine il locale del quartiere militare. Aveva  una sua autonomoa politico-amministrativa ed operava a favore degli abitanti  della quadra.

 

30-Il Podestà

 

L'autorità comunale era il Podestà, che veniva nominato ogni anno dall'autorità veneta, prima , e bresciana poi. Entrava in carica a giugno e governava per un anno. A garanzia della sua indipendenza da interessi di parte era forestiero, veneto fino al 144O e poi bresciano. Al suo ingresso in paese era accolto con particolari onori in Palazzo Comunale, dove risiedeva colla famiglia e colla sua corte.

Prestava giuramento solenne secondo le norme  degli Statuti. Oltre alla famiglia aveva con sè un vicario, che lo coadiuvava come esperto nelle funzioni giudiziarie, un cancelliere, che fungeva da segretario-notaio.

Godeva di un buon stipendio.Guidava e controllava la vita comunale ed aveva giurisdizione sulla Quadra podestarile in materia civile. Dava direttive al consiglio comunale, che convocava e presiedeva, così come ordinava la convocazione delle assemblee generali dei capifamiglia. Alla fine del suo mandato era soggetto al controllo della sua attività. A Palazzolo teneva come luogotenente un palazzolese.

 

31-La Quadra Podestarile

 

Il bresciano era diviso in quadre, con un loro particolare consiglio dei rappresentanti degli anziani del territorio, sottoposto al Capitanio di Brescia.

Palazzolo era capo di quadra ed il suo podestà amministrava la giustizia sui territori di Paratico, Timoline, Colombaro e Borgonato. Questo ambito territoriale va inteso come quello che oggi fa capo ad una Pretura.

 

32-Il Palazzo comunale

 

L'edificio in cui ha sede l'amministrazione del comune è quello dove si trova la Banca Popolare di Brescia,nella piazzetta Tamanza, sul lato ovest della Pieve.

I molti rifacimenti hanno cancellato le vestigia del primitivo "palatium", forse risalente ad età più antica di quella comunale.

Alla fine del secolo XV la costruzione è in decadenza ed ha urgente bisogno di sistemazione. Viene sc