Il pio luogo della carità dei laici
pubblicato il: 01/05/1967
da: La semente

Il pio luogo della Carità dei Laici di Palazzolo

È difficile formulare un'ipotesi circa l'epoca della istituzione del Consortium Charitatis o Pio Luogo della

Carità dei Laici della Terra di Palazzolo che sicuramente è anteriore al sec. xv. Questo dubbio sarebbe stato

fugato se nel piccolo resto di intonaco aderente ad un arco a tutto sesto messo in luce nei restauri della

Banca MP. Agricola di Palazzolo, si fosse riusciti a decifrare la data ivi dipinta e che sicura- mente si

riferisce all' epoca della costruzione dell' aula o sala dello stesso Consorzio della Carità.

Esso infatti aveva sede in una stanza addossata al sottopassaggio, o ciltro ( dal dialetto si/ter) che

congiungeva, fino ai primi anni del nostro secolo, la Piazza Tamanza con la Piazzetta antistante la nuova

Parrocchiale; molto simile a quello ancora esistente e per il quale dalla stessa Piazza Tamanza si viene alla

Chiesa Parrocchiale Nuova. Questa casa del ciltro o della Carità corrisponde alla nuova sala del pubblico

della Banca e l'arco che è stato messo in luce chiudeva la parete est che dava sul sottopassaggio. In questa

stanza, durante il secolo xv si riuni anche, per alcune volte, il Consiglio Comunale.

La fisionomia e le funzioni di questa confraternita variarono sicuramente lungo il corso dei secoli. All'inizio

essa dovette essere un'organizzazione laica che si interessava della carità pubblica sotto tutte le forme e in

dipendenza dal Consiglio Comunale.Tant'è vero che nel 1461 lo stesso Consiglio stabiliva che tutte le

deliberazioni fatte o da farsi dai Confratelli del Consorzio o della Carità. dai suoi Sindaci o Procuratori e

Nunzi, avessero valore come quelle fatte dal Consiglio stesso e ciò per maggior beneficio e vantaggio del

Consorzio.

In tempi in cui gli Arcipreti non risiedevano in paese, e gli Statuti della Comunità prescrivevano le feste che

dovevano esser celebrate nel corso dell'anno a Palazzolo, si può pensare che la stessa organizzazione del

culto esterno fosse nelle mani della Confraternita.

Il suo patrimonio era costituito dalle rendite dei terreni che gli stessi Sacerdoti gli lasciavano in eredità e

queste erano sia in danaro che in natura. Quando nel 1580 il Pio Luogo venne visitato dal delegato di San

Carlo risultò avere una rendita annua di L. 247, soldi 13, denari 1 circa e salme 18, quarte 2 e coppi 1 di

miglio, salme di frumento.

La raccolta del tutto era affidata, come si usava allora, ad un massaro che veniva eletto anno per anno e che

in pratica era l'esattore per conto del Consorzio.

Il governo invece era nelle mani di quattro Deputati, due rappresentanti dei" cives " ( o cittadini) e due

degli" homines " ( o contadini) , tutti e quattro nominati dal Consiglio Comunale. Praticamente essi non

rendevano conto a nessun altro che a se stessi poichè non era previsto l'intervento nè dell'Arciprete nè di

altra autorità religiosa ai rendiconti annuali. E poichè in quei secoli alcune famiglie potenti si accaparrarono

il controllo di tutte le Confraternite, anche qui ci furono abusi che finirono per tornare a vantaggio dei

Deputati più potenti.

San Carlo infatti ebbe modo di constatare che il più grave, o almeno quello che ci è stato documentato

riguardava Vincenzo Duranti, già Deputato dello stesso Consorzio, il quale, oltre ad aver sposati i suoi due

figli ad Ippolita e Veronica, sorelle di Bernardino di Santo Pelegrino, aveva preso in affitto i 14 piò di terra

situata nella Contrada" oppulorum " che il defunto Bernardino aveva donato al Consorzio coll'obbligo da parte di

questo della celebrazione di una messa ogni giorno in rimedio della sua anima.

Vincenzo Duranti, essendo potente, aveva avuto la terra per lire 33 il piò mentre essa ne vàleva almeno 60,

recando così grave danno al Pio Luogo al quale, oltre tutto, non aveva pagato neppure l'affitto così che non

si erano potute celebrare le messe per l'anima del testatore.

Alla sua morte era subentrato nell'incarico di Deputato al Pio Luogo, il figlio Claudio che però all'avvicinarsi

della visita di s. Carlo, cercò di rimediare in qualche modo all'abuso. Ci fu anche una denuncia corredata da

testimo.nianze di altre, persone che avrebbero pagato una somma maggiore per avere quella terra in affitto.

Il Cardinale Visitatore diede l'incarico al Vescovo di Brescia di svolgere un'inchiesta e se fosse risultato che

c'erano stati degli abusi, costringere gli eredi a restituire i beni o a reintegrare la somma che avrebbe dovuto

essere stata versata a suo tempo dal defunto Vincenzo Duranti. li documento che conclude la questione è

del 1606 e consiste in una investitura da parte del Consorzio e della Carità del nob. Claudio Duranti di due

pezze di terra: una posta in Contrada San Rocco di 14 pertiche, e l'altra nella Contrada della Valena di 14 piò

e mezzo, dietro pagamento di un annuo affitto corrisposto a cominciare da s. Martino dell'anno 1606.

Questo documento ci conferma che fino al 1606 le due pezze, e forse anche altre, erano tenute dal Duranti

come proprietà sua, senza versamento di alcun compenso al Consorzio.

I Deputati che portarono a termine l'inchiesta avviata nel 1580 da San Carlo e terminata quasi venticinque

anni dopo, furono i cives Lanfranchino Zamara e Venturino de Piris e gli homines Giovanni Antonio de

Calcio e Antonio Persevalli.

Ancora San Carlo ordinò che i Deputati rendessero conto della loro amministrazione presente il Vicario

Foraneo, cosa che prima non era stata mai fatta, e che i documenti contabili fossero allegati ai documenti

della Visita. Inoltre quelli che Egli trovò in carica, tra i quali il Duranti, ordinò che fossero allontanati

dall'incarico e ne venissero eletti dei nuovi, la cui nomina avrebbe avuto la durata dei prescritti due anni e

non di più, come doveva essere successo in precedenza.

Colle elemosine e colle rendite il Consorzio pagava i Sacerdoti che celebravano le S. Messe all'altare del S.S.

Sacramento, provvedeva all'olio per la lampada ( ambedue questi impegni passarono poi alla confraternita

del S.S. Sacramento) e distribuiva nel giorno della Pasqua di Resurrezione degli agnelli cotti e benedetti e del pane.

Nello stesso giorno di Pasqua offriva agnelli orrostiti, pane e vino a tutti coloro che si riunivano nella

chiesetta di S. Maria Maddalena dove mangiavano a volontà in una specie di agape fraterna. Anche nel

giorno di Natale erano distribuite, sempre a spese del Consorzio, delle porzioni di farina alle famiglie più

povere del paese.

Curioso è il paritcolare che riguarda il modo col quale venivano indicati i poveri di ogni contrada! Gli

anziani stendevano un elenco di persone povere, ma poi i Deputati avevano il potere di variare tali elenchi a

loro piacere.

Questa incombenza doveva aver dato luogo a favoritismi più o meno palesi e San Carlo raccomandò che le

elemosine fossero distribuite tra i veri poveri e non indiscrirninatamente. Coloro che avessero

contravvenuto a tali norme sarebbero stati privati subito della carica e obbigati a restituire il doppio al

Consorzio e, in casi gravi, puniti coll'interdizione dell'ingresso in chiesa.

Egli, ben sapendo come tutto ciò dipendesse dagli uomini preposti al governo della « Carità », raccomandò

che venissero scelte persone probe che coll'aiuto dell'Arciprete e insieme con Lui facessero accurata scelta

dei veri bisognosi.

Poichè qualche volta i testatori pretendevano che il frutto dei loro lasciti fosse destinato a certe categorie di

persone o a famiglie in particolare, il Santo ordinò che queste volontà fossero sottoposte al guidizio del

Vescovo che avrebbe deciso il da farsi caso per caso.

Anche i pranzi pasquali che dovevano avere più l'aspetto di una scampagnata che quello di un'agape

fraterna, vennero proibiti sia nel giorno di Pasqua che in altre occasioni. Proibite furono pure le

distribuzioni antichissime degli agnelli cotti, del pane e del vino in chiesa. li loro valore venne tradotto in

elemosine da dare ai veri bisognosi.

Venivano così a cessare quelle manifestazioni tradizionali ormai scadute come significato caritativo, ma

caratteristiche come aspetto di costume.

Il Consorzio della Carità continuò la sua attività attraverso i secoli fino al 1806, quando tutte le

Confraternite vennero spazzate via dal vento rivoluzionario e napoleonico. Infatti nel 1803, quando venne

deliberato di provvedere di nuovi bronzi il campanile della chiesa vecchia, anche il Pio Luogo della Carità

del Laici contribuì all'onere finanziario.

Con decreto 21 dicembre 1807 venne istituita la Congregazione di Carità che assorbì tutti i vecchi istituti

caritativi compreso nostro Consortium Charitatis.

La Semente, 1 maggio 1967

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