Un palazzolese al concilio di trento:il vescovo vincenzo duranti (1509-1570)
pubblicato il: 04/01/1964
da: La voce di palazzolo

UN PALAZZOLESE AL CONCILIO DI TRENTO:

IL VESCOVO VINCENZO DURANTI (1509-1570)

La ricorrenza del 4.0 Centenario della chiusura del Concilio di Trento, celebrata dalla Chiesa solennemente il 4 dicembre scorso ci ha sollecitato a presentare ai nostri lettori la figura di un palazzolese che ebbe la fortuna di parteciparvi a varie riprese: il Vescovo Vincenzo Duranti.

Vincenzo Duranti era nato a Palazzolo nel 1509 da Nicola qm. Bartolomeo, ed era nipote del Vescovo Pietro Duranti e cugino del Cardinale Durante Duranti. Frequentò lo studio di Padova dove seguì le lezioni di diritto canonico e civile ricevendone il dottorato nel 1534. l’anno seguente ottenne un Canonicato nel Capitolo della Cattedrale di Brescia e fu ricevuto nel Collegio dei Giureconsulti Bresciani che nel 1538 abbandonò per recarsi a Roma, non sappiamo bene se per frequentare la corte papale come il cugino Durante o per seguire lo zio Pietro, che era stato chiamato dal Papa per assumere l’Ufficio di Datario di S.R. Chiesa.

Egli godette della stima del Papa Paolo III che lo nominò Prelato Domestico, Cavaliere di S. Pietro e Governatore di Spoleto e Camerino, benché non ancora trentenne.

Morto il 5 luglio 1539 lo zio Pietro, che aveva lasciato largo rimpianto per la sua virtù e dottrina, il nostro Vincenzo venne chiamato a succedergli sia nel Vescovato di Termoli, sia nell’Ufficio di Datario. Il 14 luglio 1539 ricevette la consacrazione episcopale, il 21 dello stesso mese fu nominato referendario di Grazia e Giustizia, ed il 10 agosto assunse l’incarico della Dataria Apostolica.

Questo è uno dei cinque uffici della Curia romana ed è denominato così perché un tempo aveva come mansione di apporre la data agli atti del Pontefice. Più tardi ebbe il compito di presiedere alla collocazione dei benefici non concistoriali riservasti alla Santa Sede accertando l’idoneità di coloro che vi aspiravano, compilando ed avendone gli atti che li conferivano, dispensando dalle condizioni richieste, curando le pensioni e gli altri oneri su di essi imposti.

Vincenzo Duranti per la sua crescente influenza, ottenne nel 1540 che il Collegio dei Giureconsulti di Brescia godesse degli stessi importanti privilegi che godeva quello della città di Bologna.

LO SCANDALO DELLE BOLLE

In un ufficio di tale importanza come la Dataria Apostolica, in cui si costruivano le fortune degli ecclesiastici anche con mezzi non sempre leciti, il nostro Vincenzo ven ne implicato in uno scandalo che lascerà un segno in tutta la sua carriera.

Il Nassino, in un codice manoscritto dalla Quaresima, racconta di questo scandalo e attribuisce l’intera responsabilità al Duranti. Altri autori invece sostengono che “le bolle false”,furono forse stese da alcuni officiali per scroccherai” ma che essendo egli il responsabile dell’Ufficio venne al Papa licenziato.

Il Guerrini si domanda se la diceria fosse vera o falsa e conclude che “la gravità della punizione date le circostanze e la facilità in quei tempi di passar sopra a molte deficienze morali, anche più gravi, potrebbe legittimare il sospetto affermativo”.

In effetti cos’era accaduto? Il fatto fu questo: nel febbraio 1541 un ecclesiastico spagnolo prometteva una pensione di 700 scudi per un ricco beneficio di Spagna.

Al Datario Duranti fu detto che tale beneficio poteva valere anche 1000 scudi di pensione one sulla bolla fu messa l’obbligazione di 1000 scudi annui anziché di 700 come promesso. Colui che doveva essere investito di tale beneficio rivolse reclamo al Papa dimostrando di essere stato ingannato e truffato dal Datario avido di denaro. Sta il fatto che il Duranti disgustato per tutto ciò si ritirò nella sua diocesi di Termoli per alcuni anni.

AL CONCILIO DI TRENTO

Frattanto il 13 dicembre 1545 si apriva a Trento il XIX Concilio Ecumenico indetto dal Papa Paolo III o. per realizzare quell’opera imponente di riforma che prenderà il nome di “controriforma cattolica”.

Il Vescovo Duranti intervenne alla assise ecumenica e partecipò alla prima sessione aperta in quello stesso giorno a Trento. Presenziò anche alla seconda del 7 gennaio 1546 tra i 43 membri ammessi ai lavori: così alla terza del 4 febbraio 1546 nella quale si giurò solennemente dai Padri e si promulgò il Sinodo Ecclesiastico, inoltre alla quarta dell’8 aprile 1546 che fu poi la prima sessione decisiva nella quale furono pubblicati i decreti sopra i libri canonici, sopra le loro edizioni ed il loro uso: alla quinta del 17 giugno 1546 in cui fu promulgato il decreto dogmatico sul peccato originale ed il 1.0 decreto di riformazione. A questa sessione furono presenti 4 Cardinali, 9 Arcivescovi, 48 Vescovi, 2 Abati e 3 Generali di Ordini e molti teologi.

Poi venne trattato della giustificazione e della questione disciplinare nella residenza dei Vescovi e il Concilio concluse la settima sessione il 3 marzo 1547. il luogo del Concilio non era gradito a Roma e in Curia si era accettato controvoglia la scelta di una città dell’Impero germanico e più volte si tentò di trasferire il Concilio in una località più vicina a Roma ma si era dovuto rinunciare all’idea per l’opposizione dell’imperatore. Ma nel febbraio 1547 la vicinanza della guerra costrinse i Legati Pontifici a chiedere al Papa di sciogliere e trasferire il concilio, ma il Papa non ascoltò le loro rimostranze.

Il Duranti partì allora da Trento per la sua terra.

Allorché nel marzo scoppiò nella città trentina u n’epidemia di febbre petecchiale che uccise alcuni padri Conciliari, il papa decretò il trasferimento del Concilio a Bologna dove l’11 marzo 1547 si aprì la VIII sessione.

Il Duranti si recò anche nella città felsinea e partecipò di nuovo ai lavori della IX e X sessione nelle quali si disputò sulla Penitenza e sulla Eucaristia. Il 13 settembre 1549 il Concilio venne sospeso da Paolo III.o ed il Turanti tornò a Termoli per lasciarla nel 1551 per raggiungere Brescia con il cugino Cardinale Durante che era stato nominato Vescovo della nostra Diocesi.

Mentre dimorava in Brescia, il cugino gli conferì l’Ufficio di Vicario Generale ed alla sua morte, avvenuta alla vigilia di Natale del 1557, il Capitolo della Cattedrale elesse Vincenzo Duranti Vicario della Sede Vacante e suffraganeo del defunto. Come sempre accade in simili occasioni, in città si incrociavano le previsioni sulla successione al Cardinale defunto ed alcuni, fra cui molti del clero, avrebbero desiderato lo stesso Vicario.

Altri invece dicevano che non avrebbe ottenuto il vescovado di Brescia per le antiche accuse rivoltegli allorché era Datario a Roma.

LA SUCCESSIONE AL CARDINALE DURANTI

La successione al card. Duranti era già stata oggetto di assidue preoccupazioni da parte della Repubblica di Venezia che aveva ottenuto dal Papa Paolo III.o promessa che il vescovado di Brescia sarebbe toccato a Luigi Priuli. Senonché il Pontefice Paolo IV.o non credette di attenersi alla designazione fatta dal suo predecessore e diede il vescovado di Brescia al Podestà della città Domenico Bollani. Il nuovo Vescovo riconfermò al Duranti la carica di Vicario Capitolare della quale usò fino a che, riapertosi il Concilio Tridentino il 18 gennaio 1562 si recò di nuovo tra quel venerando consesso insieme al Bollni.

In queste sessioni (21.a – 24.a) furono emanati i decreti sulla Comunione sotto le due specie, sulla Comunione dei bambini, sul sacrificio della Messa, sul Sacramento dell’Ordine Sacro e del Matrimonio. In questo periodo del Concilio vennero emanati anche numerosi e sostanziosi decreti di riforma e concernenti i più importanti settori della vita ecclesiastica quali l’obbligo di residenza e del potere di governo dei vescovi, l’erezione dei seminari, i sinodi provinciali e diocesani, la visita delle diocesi, l’esercizio dell’ufficio della predicazione e l’istruzione religiosa del popolo, l’istituzione di un esame di concorso per la nomina nelle parrocchie vacanti, il divieto di cumulazione dei benefici ecc.

Nella sessione conclusiva del 4 dicembre 1563, furono emanati i decreti circa il purgatorio, il culto dei santi e delle reliquie e sottoscritti dai 225 partecipanti, tra i quali il nostro Duranti.

Terminato il Concilio egli ritornò per l’ultima volta alla sua diocesi di Termoli da dove il 17 agosto 1565 spedì al papa la sua rinuncia che venne accolta nella Congregazione Concistoriale del primo settembre.

Sul motivo o sui motivi che indussero i Duranti ad un tale passo ci potrebbero venire lumi soltanto dalla lettera che egli inviò al Papa.

Tuttavia si può pensare che il nostro Vescovo di Termoli, tornato nella sua diocesi dopo aver partecipato ai lavori del Concilio, non abbia saputo o potuto attuare i rivoluzionari decreti di riforma. Ecco perché l’abbiamo più sopra annotato gli argomenti discussi nelle sessioni alle quali il nostro Duranti partecipò per cercare di spiegare dal di fuori come accade in questi casi, gli intimi motivi che forse lo spinsero alla rinuncia. D'altronde meglio colui che riconosce la propria incapacità e rinuncia al posto che occupa che colui che patteggiando con la sua coscienza non riesce a trovare la forza per rinunciare e lasciare il posto a persona più idonea.

Tornato alla sua Brescia egli andò a vivere col fratello Bartolomeo, Vicedomino della Cattedrale con la famiglia degli altri suoi fratelli minori nella vecchia casa Duranti presso S. Zeno al Novarino.

Oltre le antiche possessioni di Palazzolo, assai limitate, il Duranti possedeva fondi e case a Castelcovati, Ovanengo, Castegnato, Pedrocca ed il Ronco, presso la città, per la villeggiatura.

In seguito alla sua rinuncia al Vescovado nel 1565 molti benefici aveva dovuto dimetterli in omaggio alla ordinanza del Concilio di Trento.

A Brescia visse fino al 1570, anno della sua morte. Fu sepolto probabilmente nel sepolcro gentilizio della sua famiglia in Duomo Vecchio con i riti che si addicono ad un Vescovo.

La Voce di Palazzolo, 4 gennaio 1964